INTERVISTA A GIUSY FERRERI Pronunciate, rapidi, ad alta voce: "A-a-a". Avete appena riso con Giusy Ferreri. Il pomeriggio che passo con lei nel suo monolocale con giardino ad Abbiategrasso, Milano - quattro pareti dipinte ognuna di un colore diverso, le piastrelle del bagno decorate, la cucina verde, il divanolabbra, il pianoforte nero -, è punteggiato da parecchie di quelle "a". Le stesse "a", staccate, forti e chiare, c'erano tra un verso e l'altro delle cover che fino a due mesi fa cantava a X Factor, il talent show che l'ha lanciata (e anche per questo vezzo è stata etichettata in Tv come la "nuova Amy Winehouse"), e si sentono oggi nel disco che è primo in classifica da quattro settimane, davanti a Madonna e ai Coldplay.
Il singolo scritto per lei da Tiziano Ferro, Non ti scordar mai di me, che Giusy ha cantato in finale, il giorno dopo era già in rotazione su tutte le radio e la ragazza si è trovata a dover gestire una fama inattesa: i giornali e le radio volevano intervistarla, tutta Italia la voleva in concerto, tra la gente.
In questi due mesi, Giusy ha notato che spesso nelle interviste le mettono in bocca errori di grammatica. E pensare che lei è molto attenta alle parole. Prima di rispondere riflette, fa una pausa, e cerca sempre di trovare il termine esatto che descriva precisamente quello che vuole dire.
Nella libreria del salotto sbucano due libri: Parlare in pubblico e La frase giusta al momento giusto. Giusy ne parla con un certo orgoglio: "Sono libri a cui sono molto affezionata. Mi sono serviti in un periodo buio della mia vita, insieme alla Bibbia (appoggiata sul mobile Tv, ndr): la consulto spesso, perché la posso aprire a caso e trovo sempre le risposte".
Di questo 'periodo buio', però, non ha mai parlato. Perché? "La stampa si è concentrata su due aspetti: 'ex cassiera' e 'figlia di immigrati'. Certo, sono nata a Palermo, ma 'figlia di immigrati' è un'espressione enfatica, usata male, per accentuare la favola della povera sprovveduta che diventa famosa. E a questo punto mi faccio una domanda".
Dica. "Nessuno nasce con un contratto discografico nella culla, no? Per fare la mia musica dovevo pure mantenermi con un lavoro, non ho avuto il privilegio di poter suonare e basta. È così strano che facessi la cassiera? Sa quanti laureati e studenti sono impiegati in un supermercato?".
Immagino. "Quel posto è stato una scelta: era uno dei pochi che mi permettesse di lavorare tre giorni su sette, quindi mi lasciava tempo per comporre le mie canzoni, studiare canto e pianoforte. A me fare carriera non interessava, eppure di promozioni me ne hanno offerte, in dieci anni di lavoro".
Forse il fatto del lavoro di cassiera è venuto molto fuori anche perché il proprietario di Esselunga, Bernardo Caprotti, le ha pubblicamente fatto i complimenti dopo la vittoria. "Il dottor Caprotti mi ha mandato dello champagne, mi ha telefonato e mi ha scritto, a mano, anche una bellissima lettera: si capiva che era sincero, che mi aveva seguito in Tv e che gli piacevo. Ha descritto la mia voce con aggettivi bellissimi".
Qualcuno direbbe che è solo un modo facile per farsi pubblicità. "Se anche fosse, non ci troverei nulla di male. E sono andata volentieri in negozio a firmare autografi. Se in questi dieci anni sono cresciuta, l'ho fatto anche grazie ai rapporti nati sul posto di lavoro".
Che cosa ha pensato quando ha letto la notizia di quella cassiera che si è fatta la pipì addosso perché non le lasciavano fare pausa? "Non ho mai avuto problemi di quel genere. Ma certo mi ha colpito". È vero o è leggenda che lei cantava all'interfono tutti i giorni? "Solo appena assunta, a 19 anni. Alla chiusura intonavo qualcosa perché i colleghi, che sapevano della mia attività musicale, mi dicevano: 'Vediamo di che cosa sei capace'. Mi divertivo, ma poi ho smesso. Non volevo banalizzare il mio sogno, farlo diventare una cosa da 'dopolavoro'".
Qual era, all'epoca, il suo stile di canto? Parliamo di dieci anni fa, quando Amy Winehouse era solo una bambina e nessuno ne aveva ancora sentito parlare. «Ho sempre usato stili diversi. Capisco il paragone con Duffy o Amy Winehouse, ma più che al mio modo di cantare è dovuto ai travestimenti, o agli arrangiamenti rétro dei pezzi. La mia voce è cresciuta piuttosto con il blues di Billie Holiday e Janis Joplin, il rock di P.J. Harvey e Fiona Apple, il dark punk di Siouxsie Sioux, o le metriche scomposte di Vinicio Capossela".
Quindi è stata una scelta degli autori di X Factor quella di farla "assomigliare" ad Amy Winehouse? "Il programma prevedeva che ci mettessimo a disposizione. Sono stata al gioco. Se avessi scelto io il repertorio, mi sarei presentata con tutt'altri pezzi". Tipo? "Avrei cantato Because the Night di Patti Smith, o You Oughta Know di Alanis Morissette. Mi piacciono i pezzi aggressivi, ma anche quelli paranoici, introspettivi. E amo passare dalle urla ai toni malinconici più blues, dove canto 'a singhiozzo'".
Un po' distante, il suo mondo musicale, da quello di Tiziano Ferro. "Molto. E infatti non avrei mai pensato che un artista come lui potesse avvicinare una personalità come la mia. Ma la canzone è molto vicina alla Giusy del programma, quella che lui aveva visto. In finale era previsto che presentassimo un pezzo inedito ed era evidente che, tra i miei, non ce n'era uno che si prestasse all'immagine della Giusy televisiva. Mi hanno detto che poteva essere un trauma per il pubblico".
Chi è 'la Giusy televisiva'? "Mi sono stupita io stessa di aver mostrato una versione di me serena e solare. Si è visto solo un quarto della mia personalità. Ma mi è andata benissimo così: gli altri tre quarti non servivano per il programma". La vera Giusy chi è? "Una ragazza solitaria, riflessiva, paranoica, problematica, volubile. Si vede anche molto da come mi vesto: se sono positiva indosso un abitino a fiori. Ma se vado a ballare con gli amici a una serata dark, sono irriconoscibile". Mi apre il suo armadio: decine di abiti colorati, di tutti i tessuti e le fantasie, pellicce fluorescenti, boa, vestiti a rete, stivali, sandali, tacchi altissimi, zeppe.
Su Internet girano delle sue foto sexy, diverse da quelle che siamo abituati a vedere. "Le ho fatte con un amico, anni fa. Adoro il look trasgressivo di Madonna o di Pink, Christina Aguilera, Juliette Lewis, Courtney Love. Anche io volevo mostrare questa parte di me, quindi mi vestivo con la tutina, le catene e le zeppe altissime oppure la vestaglietta, la guêpière. Insomma, ho molte sfaccettature: il mio lato oscuro non è ancora venuto fuori". E non si riferisce solo al guardaroba. "Infatti. Sto parlando del periodo buio di cui le dicevo prima. Ha influenzato pesantemente le mie canzoni, quelle che non avete ancora ascoltato, e che inserirò nel nuovo disco".
Di che cosa parlano queste canzoni? "Di rapporti sentimentali che mi hanno fatto soffrire. Un dolore raccontato in modo molto più arrabbiato, e molto meno romantico, che in Non ti scordar mai di me. Ho avuto storie tragiche".
Quali storie? "Due amori lunghi e importanti, di crescita, finiti male per colpa mia, perché è difficile starmi accanto, sono davvero paranoica, posso fare impazzire un uomo. Ma i testi non parlano solo di pene d'amore. Ci sono anche quelli più cerebrali, introspettivi, su di me, e sul forte disagio che ho provato verso i 23, 24 anni".
Che tipo di disagio? "Il disagio che molti provano a quell'età, un momento critico di evoluzione di cui nessuno parla. Senti che la vita cambia, che devi crearti una posizione, che devi dare agli altri un'immagine di te. Ci si concentra sempre sui problemi dell'adolescenza, si dà per scontato che, passata quella, le inquietudini si risolvano. Invece c'è un periodo di estrema incertezza che arriva proprio a quel punto. Un paio di generazioni fa, forse, tutto era più chiaro: a quell'età si era già sposati e con figli. Oggi a 24 anni o sei uno studente universitario incerto del suo futuro, o sei uno che lavora già da anni perché magari non ha studiato, e che, se non vede concretizzarsi i sogni, si sente perduto".
Oppure sei Amy Winehouse. "Già, lei ha proprio 24 anni: è sicuramente in quella fase difficilissima. In più ha raggiunto il successo molto giovane e sarà senz'altro sballottata".
Lei invece chi era a quell'età? "Una ragazza cupa, dura. Finite le medie avevo lasciato la scuola e mi ero messa a studiare pianoforte e canto. Dopo due anni ci avevo ripensato e mi ero iscritta al liceo linguistico: mi mancava il confronto con i ragazzi della mia età. Ed era stata un'esperienza bellissima, ma poi al terzo anno, vedendo che i miei coetanei prendevano la maturità, avevo mollato di nuovo. Volevo iniziare a lavorare per poter andare a vivere da sola, dedicarmi alla musica. Inizialmente avevo pensato che il lavoro di cassiera part-time mi avrebbe permesso anche di riprendere il liceo. Ma, si sa, è difficile lavorare e studiare insieme.
Così mi sono trovata, a 24 anni, senza aver terminato gli studi, e con una gavetta musicale che non sembrava portare a nulla. Iniziavo a dubitare di me stessa, la mia autostima era sotto zero. La mia crisi adolescenziale, per cui ero anche andata in cura da uno psicologo, in confronto era stata una passeggiata. Mi chiedevo perché non sfondavo. Era perché non ero brava? O perché non sapevo rapportarmi con le persone, perché la mia personalità non veniva capita?".
Come ne è uscita? "Da sola. Ho letto tantissimi libri di psicologia e sociologia, soprattutto Erich Fromm. Se a scuola mi fossi impegnata di più, mi sarebbe piaciuto studiare psicologia. Ma ci vuole costanza, io invece mi innamoro di tante cose: non mi può venire tutto bene".
Quando aveva 26 anni ha girato un video malizioso, Il party. All'epoca si faceva chiamare Gaetana. «Con Il party ho voluto scherzare. Il ritmo dance e i doppi sensi del testo erano un modo per dimostrare che non ero solo la ragazza cupa dai pezzi introspettivi, che mi sapevo anche divertire. Mi sono fatta chiamare Gaetana, che è il mio secondo nome, proprio per creare un personaggio. Per me era un gioco, invece le case discografiche lo hanno preso sul serio, e ho firmato il mio primo contratto. Volevo uscire prima con le mie canzoni e poi con quel singolo, invece i discografici sostenevano che Il party dovesse essere il mio debutto, perché poteva arrivare a molta gente. In realtà poi le radio non l'hanno passato e ha avuto vita breve".
Sarà stata una delusione. "In realtà ero un po' sollevata, perché quel progetto non mi aveva mai convinto. Però c'era anche la preoccupazione, certo. Temevo di essermi bruciata, sarebbe stato difficile avere una seconda possibilità. La casa discografica non ha gradito il mio secondo singolo, che veniva dal mio repertorio, e a gennaio 2006 è scaduto il contratto. Mi dicevano tutti: hai un'interessantissima vocalità, ma bisogna aspettare il momento giusto per farti capire dalla gente".
Quindi ha giocato la carta della Tv. "Volevo visibilità: mi bastava cantare un paio di sere per farmi ricordare dalla gente". Il problema però è solo rimandato. Lei piace al pubblico quando canta le cover e Non ti scordar mai di me: non ha paura del momento in cui proporrà i suoi pezzi? "Non sono spaventata. In quelle canzoni c'è tanta verità che mi appartiene: magari perderò un po' di pubblico, quelli a cui piaccio per il tormentone. Però chi mi vorrà seguire scoprirà davvero chi sono".
Come sta vivendo il successo? "Sono felice, ma fisicamente sfatta. Non ho mai preso così tanti aerei in vita mia, e poi mi alimento male. Io di solito mangio a pranzo i carboidrati e le proteine la sera: è una regola semplice che mi autoimpongo da anni, e funziona. Ho un buon rapporto con il mio corpo, ma sto attenta perché, essendo piccolina, se sgarro si vede subito".
Che cosa le manca della sua vita precedente? "La solitudine: sono sempre con qualcuno, e invece ho bisogno dei miei spazi per meditare, suonare, scrivere". Pensavo avrebbe detto che le manca il tempo per Andrea, il 'suo amore', come si legge nei ringraziamenti del disco. "Lui è straordinario, ma ci sono difficoltà perché ho poco tempo libero. E anche quando ce l'ho, è dura. Devo vedere tutti, i parenti, gli amici, e alla fine ci si contende il tempo".
Avrà sicuramente qualcuno che le consiglia come muoversi. "Ascolto tutti, ma poi decido con la mia testa. Non mi fido di quelli che ti vogliono dare suggerimenti a tutti i costi, soprattutto se ti hanno appena conosciuta. Penso che le cose vadano come devono andare". Già abbastanza disillusa. "Sono una figlia della 'casta': credo che niente possa cambiare, che ognuno tiri l'acqua al suo mulino. Non trova? A-a-a".
Fonte:
Vitadavips