Teatro Stabile del VenetoTeatro Stabile dell’UmbriaL’ISPETTORE GENERALE di Nikolaj Vasil’evic Gogol’ adattamento drammaturgico e regia di Damiano Michielettoe con (in ordine alfabetico) Alessandro Albertin | Luca Altavilla | Alberto Fasoli |

Emanuele Fortunati | Michele Maccagno | Fabrizio Matteini | Eleonora Panizzo |Silvia Paoli | Pietro Pilla | Giacomo Rossetto | Stefano Scandalettiscene Paolo Fantincostumi Carla Tetidisegno luci Alessandro Carletti Si direbbe che Michieletto, forte di un’ormaiconsolidata esperienza nel campo dellalirica, abbia riversato in Gogol’la leggerezza di ritmo e la maliziadi certe pagine pucciniane...Claudio Facchinelli, “Corriere Spettacolo” In una cittadina della sterminata campagna russa, popolata da personaggi corrotti, profittatori, affaristi e sfruttatori, si sparge la notizia dell’arrivo di un ispettore generale. Tutti sono in fermento e impauriti.Figurarsi quando si crede che l’ispettore sia già arrivato, in incognito. In realtà quello che è creduto l’ispettore è un giovinastro squattrinato che capisce subito quali benefici può trarre dalla situazione.Derisione e mascalzonaggine, imbroglio e nessuna buona fede, neppure in casa del sindaco dove il finto ispettore è ospite e si diverte con la moglie e la figlia.“Guarda queste banconote, sono tutte sporche!”È una battuta detta dal presunto ispettore generale dopo aver ricevuto i soldi con i quali tutti cercano di corromperlo. Questi soldi sono sporchi: unti di grasso, di terra... forse accartocciati e logori.In un grande testo, vi si accede spesso tramite un piccolo dettaglio, come una piccola chiave che può iniziare a far cigolare un grande portone. Questa battuta è stata un indizio per aprire la mia immaginazione sui personaggi di Gogol’. Chi può avere delle banconote unte?... Gente che forse un pò sporca lo è... probabilmente non si lavano molto. I personaggi infatti vengono spesso descritti attraverso i loro odori: puzzano di cavolo, di tabacco, e di vodka... È una storia che puzza di alcool e di gente ubriaca. L’alcool diventa quasi un concetto che perdura nei cinque atti: usato per calmare la paura, per comunicare la propria virilità, per festeggiare e far baldoria, per annegare la propria depressione. Del resto, qual è la prima cosa che il Sindaco e la sua combriccola fanno nell’accogliere il presunto ispettore? Lo fanno bere, lo ubriacano. Sfera pubblica e sfera privata si mescolano, si contaminano, si confondono. Non ci sono regole, non ci sono leggi, la violenza è dietro l’angolo, mascherata spesso da bonarietà. Un’umanità gretta e sporca, compressa nella paura per quattro atti e pronta a esplodere nel finale in una catartica liberazione, raccontata come un’aspirazione al lusso, al divertimento facile, a un altrove forse ancora più gretto e meschino della loro realtà.Damiano Michieletto VIDEO