Tre grandi autori per ricordare, da diversi punti di osservazione, il bicentenario del Congresso di Vienna, che si concluse nel giugno 1815. A Vienna, in quell’anno, l’italiano Antonio Salieri, Kammerkomponist

alla corte di Giuseppe II e direttore musicale dell’ opera italiana, dedica il suo ultimo lavoro sinfonico ad antico tema musicale portoghese tra i più antichi e diffusi nella storia della musica europea “La follia di Spagna”, un “divertissement” che ben restituisce il clima culturale e sociale della città che ospitò il Congresso per nove mesi, durante i quali balli, cortei, gite, le parate militari, spettacoli e concerti diedero all’evento una cornice fastosa che impressionava il pubblico e lasciava perplessi gli osservatori politici. Da uno dei momenti storici che portarono alla caduta di Napoleone e al Congresso di Vienna, nasce la sorprendente Ouverture 1812, con la quale Tchajkovsky (nel 1880) commemora la tentata invasione francese della Russia e la devastante ritirata dell’armata napoleonica. Una dolorosa pagina storica per noi nota coma “Campagna di Russia” e per i russi conosciuta come “guerra patriottica”, termine che evidenzia il carattere di resistenza popolare del momento e che riecheggia nella partitura di Tchajkovsky. Di perplessità su quel Napoleone che per molto tempo si de nì “liberatore”, ne aveva già provate molte qualche anno prima del Congresso il viennese d’adozione Beethoven - già allievo di Salieri - che durante il Congresso aumentò enormemente la sua popolarità, grazie a concerti per i quali il pubblico si contava a migliaia e ad applaudirlo correvano i regnanti di tutta Europa. E tra le sue sinfonie più celebrate c’era già l’imponente “Eroica”, che Beethoven dedicò inizialmente a Napoleone: dedica che in seguito disconoscerà con sdegno, strappando il frontespizio dell’opera, quando il generale corso fu incoronato imperatore. Marina Grasso