Annagaia MarchioroFAME MIAquasi una biografia di Annagaia Marchioroin collaborazione con Gabriele Scottiscene Ilaria Ariemmecostumi Erika Carrettaluci Roberta Faioloaiuto regia Daniela Arrigoniregia Serena Sinigaglia© Copyright Foto: Marina Alessi liberamente ispirato a Biografia

della fame di Amélie Nothomb Esiste una fame che è solo di cibo? Esiste una fame del ventre che non sia indizio di una fame più generalizzata? Amélie Nothomb, Biografia della fame Fame mia è uno spettacolo comico e poetico che parla di cioccolato e di desideri, di cibo e di ossessioni, di accettazione e di denutrizioni. Liberamente ispirato al romanzo di Amélie Nothomb, di cui cita alcuni dei momenti più alti sfocandone i contorni, Annagaia Marchiori racconta la storia “di una donna che aveva fame, così tanta fame da mangiare. (...) Perché la fame è un paesaggio che ci accomuna tutti”. Un percorso di formazione, dall'infanzia all'età adulta alla ricerca di sé, una strada piena di curve e di salite ma anche di prati su cui riposare. Dedicato a tutte quelle persone che non si sentono abbastanza belle o abbastanza amate, che non credono di bastarsi per essere felici. Uno spettacolo un po' per tutti: chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Note di regiaLa malattia intesa non come un marchio infamante o una sospensione dalla vita, ma semplicemente come un inciampo o meglio un inceppo comunicativo. Malattia è “male a dire”, non riuscire a dire qualcosa che preme e non trova la sua giusta espressione. L’anoressia e i disturbi alimentari intesi come un’eccessiva brama di vivere, non una stortura vergognosa e sbagliata. Mangi e smetti di mangiare perché vuoi sbranare la vita, perché non accetti il compromesso, perché brami l’assoluto. La leggerezza, l’ironia, la levità con cui ogni disgrazia è affrontata. Senza mai prendersi troppo sul serio, senza enfasi e alcuna retorica, con la semplicità e la schiettezza dei migliori racconti biografici. Il lieto fine che, seppur sbilenco e imperfetto, sopraggiunge e ci conforta. Si può guarire. Si può trovare un senso a questa vita “anche se un senso questa vita non ce l’ha”. Ci vuole passione, fiducia ed un pizzico di tenacia. È una storia umana, umanissima, alla quale finisci per aderire anche tu.È una storia di disturbi alimentari ma non parla di disturbi alimentari.Parla di fragilità e riscatto. Dolce, dolcissimo, umile e fresco riscatto.Un inno alla vita che ti riporta alla vita e ti fa sentire meno solo, meno spaventato, meno infelice.E di questi tempi non è poco, non è affatto poco.Serena Sinigaglia