Alessandro Haber, Alvia RealeMORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE di Arthur Millertraduzione e adattamento Masolino D’Amicocon Alberto Onofrietti, Josafat Vagni, Carlo Ragone, Fabio Mascagni, Beniamino Zannoni, Paolo Gattini, Caterina Paolinelli, Margherita

Mannino, Anna Garganocon la partecipazione di Duccio Cameriniregia Leo Muscatoproduzione Goldenartin coproduzione con Teatro Stabile del Veneto – Teatro Stabile di Bolzano Perché il Commesso colpisce così profondamente? E perché è così americano ma allo stesso tempo, così internazionale (se ne registrano persino versioni russe e cinesi in chiave anticapitalista)? Perché è la storia di un piccolo uomo e del suo sogno più grande di lui. Willy Loman non ha pazienza, è nato in un paese giovane e non ha radici, vuole salire in fretta nella scala sociale. Sogna a occhi aperti il successo facile, veloce, immediato. È un commesso viaggiatore, uno che si guadagna da vivere con la parlantina e ha allevato i figli al culto dell’apparenza e della superficialità ma ha finito per farne dei falliti… Tracciando bilanci del secolo che si concludeva, agli inizi dell’anno 2000 la rivista Time elencò i dieci lavori teatrali più significativi del Novecento. Il primo posto assoluto toccò a I sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello. Il secondo andò a Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller: senza alcun dubbio la Grande Commedia Americana, quella che gli americani sentono come più autenticamente “loro”. Viene ripresa in continuazione in tutto il mondo, ma con Broadway ha un rapporto particolare. In un’occasione particolarmente solenne, cinque o sei anni fa, il grande regista Mike Nichols la mise in scena riproducendo meticolosamente scene, costumi, musica e regia dell’edizione originale del 1948, con un interprete di eccezione come Philip Seymour Hoffman. Alla fine dell’ultima replica di questa produzione il pubblico, come se si fosse dato un segnale, non applaudì ma si alzò in piedi compatto, come davanti a un rito. È specialmente nella forma che l’opera colpì ai suoi tempi, stimolando i registi (Elia Kazan, Luchino Visconti furono i primi) a trovare soluzioni per una narrazione di tipo cinematografico, con brevi scene in più luoghi e con un continuo altalenare tra presente e passato. Il Commesso mischia verità e allucinazione, si svolge contemporaneamente sulla scena, sotto gli occhi del pubblico e nella testa del protagonista, nella quale noi spettatori, a differenza dagli altri personaggi, siamo chiamati a entrare. Ne risulta una macchina di teatro che è rimasta appassionante e attuale oggi come ai giorni del suo debutto. Masolino D’Amico