Alessandro Gentile non aveva nemmeno 4 anni quando suo padre Nando vinceva l'ultimo scudetto di Milano, nel 1996. Oggi è alto 2 metri ed è probabilmente il miglior talento del

nostro campionato. E vuole riportare Milano là dove non arriva da allora, in una stagione 2013 che - senza scudetto - sarà considerata assolutamente fallimentare per l'EA7. Il suo è un cognome di un certo spessore. Le pesa? «Per me è sempre stato un onore. Sono fiero di tutto ciò che ha fatto mio padre e di portare il suo cognome». La sua famiglia è «leggermente» competitiva. Si litiga pure per i posti a tavola? «Per quello no, per tutto il resto sì! Facciamo gare su tutto». Nell'ultima partita ha superato i mille punti da professionista. Cosa rappresentano? «Non certo un punto d'arrivo, dato che ho 20 anni, ma fa piacere vedere anche nei numeri il risultato del lavoro fatto». Ha subito diversi infortuni in questa stagione: qual è stato il più fastidioso? «Quello al flessore nel finale di partita a Biella. Mi ero ritagliato uno spazio importante e star fermo un mese dopo quella prestazione mi è pesato». Questa frequenza negli infortuni la preoccupa? O sono stati episodi slegati tra loro? «Per due-tre anni mi sono trascinato un problema alla spalla, in estate ho dovuto essere operato. Gli infortuni, però, sono anche occasioni per lavorare su piccoli dettagli del gioco o del fisico che magari non si ha tempo di curare quando si lavora insieme al gruppo». Il fisioterapista Claudio Lomma, su Twitter, si è spesso congratulato per i suoi recuperi rapidi. «E la persona che mi segue quando mi faccio male, per i lavori di rinforzo. In estate è venuto a casa mia per seguirmi con la spalla. Gli devo molto». Spesso Milano ha trovato vittorie importanti quando è stata sul punto del ko: vi motivate solo se siete in bilico? «In quei momenti o si va al tappeto o si reagisce, non ci sono alternative. Da ora in poi, però, sarà meglio trovare stimoli senza avere le spalle al muro». Coach Scariolo ha parlato di ambiente negativo intorno a voi. Lei che ne pensa... «Che fa notizia vedere Milano in difficoltà e contestata. In tanti si augurano il nostro male, magari perché vorrebbero essere al nostro posto. Anzi, ne sono sicuro. Ma sono cose che non devono interessarci». Lei non è uno che le manda a dire: ci sono state volte in cui ha pensato "potevo stare zitto"? «Sicuramente ho fatto degli errori, ma alcune situazioni a volte vengono troppo strumentalizzate. Se uno scrive su Twitter finisce sui giornali, invece una bella cosa fatta in campo magari viene ignorata». Con gli infortuni degli azzurri della Nba, da Bargnani a Gallinari, lei potrebbe avere un ruolo importante in Nazionale agli Europei: si sente pronto? «Con l'infortunio di Gallinari ci sarà più spazio per altri, ma manca ancora molto tempo prima di parlarne, e giocare gli Europei non è una decisione che spetta a me». Chi sono per lei i migliori italiani del campionato? «Mio fratello Stefano di Caserta, Cinciarini di Montegranaro, Datome di Roma, il mio compagno di squadra Melli e come centro voglio segnalare Cervi di Reggio Emilia, che si sta adattando bene alla serie A. Ma ce ne sono altri come Polonara e De Nicolao che stanno facendo bene a Varese, o Imbrò e Moraschini della Virtus Bologna». Suo fratello, a Caserta, gioca in una società con tanti problemi economici, e non è la sola. Lei invece milita in un club molto facoltoso. Non è strano un campionato così? «Il basket in Italia si sta lentamente avviando verso la fine. Sono sempre di più i club in difficoltà, i giocatori non pagati. Con la crisi, non si investe nel basket. E non vedo molte soluzioni».

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