Dalmonte prega per far bene (Mario Arceri) - E' facile comprendere, molto meno accettare, quello che è accaduto tra ieri e oggi alla Virtus Roma, epilogo di due settimane di trattative

dall'esito evidentemente scontato e dunque inutili, specchio invece degli ultimi due mesi trascorsi da separati in casa dal coach, Marco Calvani, e dal giemme, Nicola Alberani. La notizia ha fatto il giro del… mondo: il "ritiro" dell'offerta (accettata) al coach del miracolo virtussino, poi l'annuncio - largamente previsto ormai da tempo - di Luca Dalmonte come nuovo allenatore della Virtus... Roma, e cioè della squadra che con un budget minimo, sull'orlo della scomparsa, ha saputo rendersi protagonista di una stagione di vertice fino a sfiorare la conquista dello scudetto, vinto per la settima volta consecutiva da Siena, ma che Roma non avrebbe assolutamente demeritato. La conseguenza pratica è che la Virtus ha il nuovo coach scelto dal gm e che Calvani, e cioè l'allenatore vicecampione d'Italia, incredibilmente viste le condizioni di partenza, resta disoccupato poichè tutte le panchine di Serie A sono ormai assegnate. Può capitare, è vero, ma non in questo modo. Dispiace dirlo, ma la società dell'ingegner Toti che quest'anno sembrava aver finalmente intrapreso la via giusta con il rinnovamento e il ringiovanimento dello staff dirigenziale (e la sua drastica riduzione), ha sbagliato enormemente sul piano del comportamento. E' legittimo dare ragione al proprio dirigente nei confronti del proprio tecnico congedandosi da quest'ultimo, ma c'è modo e modo: se l'epilogo era comunque scontato, se Calvani doveva assolutamente andar via, che senso ha avuto portare avanti per altre due settimane (dal 21 giugno al 3 luglio) la trattativa che ha avvicinato le due parti fino a far accettare le condizioni proposte dalla società e, a questo punto, dire "no: quelle condizioni non sono più valide, ritiriamo l'offerta", spiegando, addirittura con un comunicato, che il problema non era tecnico (ovviamente), nè stava nelle condizioni stesse del nuovo contratto (che evidentemente non si pensava venissero accolte), ma era rappresentato nel rapporto di insofferenza personale tra gm e coach, esistente fin dall'inizio della trattativa e sicuramente insanabile. Purtroppo l'effetto è stato decisamente e volgarmente crudele: ha impedito a Calvani di trovarsi un'altra panchina, lo ha condannato all'inattività e alla disoccupazione. Un effetto sicuramente non voluto e altrettanto sicuramente andato oltre le intenzioni, ma tragico nella sua realtà. Dopo un anno di successi, in cui la società e la squadra avevano recuperato consensi e simpatie, la Virtus è purtroppo ricaduta nel suo limite di sempre. Con Calvani aveva riconquistato un'anima romana, si era riavvicinata alla città, le aveva fatto comprendere i motivi del basso profilo iniziale esaltandola con l'inatteso rendimento nella stagione: semifinale di Coppa Italia, terzo posto in campionato, finale per lo scudetto, ritorno in Eurolega attraverso la porta principale. Cosa può accadere se questi risultati non dovessero essere confermati il prossimo anno? L'eredità che Calvani lascia a Dalmonte è pesantissima: il titolo di vicecampione d'Italia da difendere, ma anche e soprattutto un'identità e il patrimonio di affetto che gli hanno regalato i suoi tifosi, come non avveniva dai tempi di Bianchini. Roma, si sa, è piazza difficile che, a differenza di quanto comunemente si pensa, ama e capisce il basket e che quindi non accetta, non ha mai accettato, offerte a scatola chiusa, soprattutto non accetta, non ha mai accettato, di venire colonizzata. Oltre al basket ci sono molte altre cose: la Lazio e la Roma, ad esempio, ma anche il cinema, le discoteche, la cultura, le passeggiate nei suoi luoghi d'arte e di storia, autentici musei a cielo aperto. L'Eurocup al posto dell'Eurolega? Strana idea: per riportare Roma al basket ci vuole infatti ben altro di una coppetta di seconda categoria nell'Europa che non conta, e la città, se la deludi, se pensi di ingannarla, se le togli anche l'ultimo tassello identitario, ti volta le spalle e non ti riconosce più. La rinuncia a Calvani è in linea con quanto hanno fatto - ma assai presto - le altre società maggiori: a Siena è andato via Banchi ed è stato promosso Crespi, a Varese è andato via Vitucci (ad Avellino) ed è arrivato Frates, a Cantù hanno lasciato Trinchieri (per Kazan) e Molin (a Caserta) ed è tornato Sacripanti, a Milano l'arrivo di Banchi ha coperto il ritorno di Scariolo in Spagna.Tra le migliori, solo Sassari, Reggio Emilia e Venezia hanno confermato il coach.